venerdì 26 ottobre 2012

Perché la pace ha bisogno di Nobel




Nobel per la pace alla Unione Europea. Il prossimo sarà forse a Bibi Netanyahu per il genocidio in Palestina, o a Putin per la Seconda Guerra Cecena e le riforme post-Beslan. O perché no un Nobel postumo a Pol Pot, Stalin o al pagliaccio con il baffetto (e non parlo di Charlie Chaplin). Sessanta anni di pace in Europa, ma tutto nell'intendersi sul significato del termine "pace". Basta pensare ai romani, che portavano la pace nei territori conquistati e il significato della loro pace è ben descritto da Tacito: "Ubi desertum faciunt, pacem appellant" ("Dove fanno il deserto,lo chiamano pace").
La pace è una condizione sociale, relazionale, politica o legata ad altri contesti, caratterizzata da condivisa armonia ed assenza di tensioni e conflitti. Viene considerata un valore universalmente riconosciuto che sia in grado di superare qualsiasi barriera sociale e/o religiosa ed ogni pregiudizio ideologico, in modo da evitare situazioni di conflitto fra due o più persone, due o più gruppi, due o più nazioni, due o più religioni
E' questo che ha avuto l'Europa negli ultimi sessant'anni, dentro e fuori dal proprio territorio? No. L'Europa ha avuto il regime comunista e la Guerra Fredda con il suo muro di Berlino, con i suoi campi di concentramento, prigionieri politici e i suoi dissidenti. Ha avuto l'Irlanda del Nord e l'IRA, il Pais Basco e l'ETA, l'Italia e le Brigate Rosse - routine di bombe, attentati, omicidi e violenze settarie. Abbiamo visto la guerra per l'indipendenza del Kosovo, in cui hanno perso la vita oltre 13.000 civili kosovari, 6.000 albanesi, 20.000 donne stuprate e oltre 800.000 rifugiati verso la Macedonia e l'Albania. Ma gli stati europei rimasero spettatori fino all'intervento della NATO, che ha bombardato la Serbia con bombe all'uranio impoverito, causando morti e danni (sopratutto) ai civili. Abbiamo visto le guerre in Iraq, Afghanistan, il bombardamento della Libia con l'attiva partecipazione dei paesi europei. Possono continuare a chiamarli missioni di pace, interventi preventivi o esportazione della democrazia, non credo che si può spiegare la differenza nei termini alla gente civile che viene uccisa dal "fuoco nemico". 
Nobel per la pace lo ha ricevuto anche Obama, che ha annoverato lo schieramento del più grosso contingente americano in Afghanistan dall'inizio dell'invasione. Un altro sostenitore della pace era Bush Junior, grazie a lui milioni di persone hanno trovato la pace (eterna). Il presidente del comitato norvegese del premio Nobel Thorbjorn Jagland ha detto "E' un messaggio all'Europa perché si faccia di tutto per mantenere quanto ottenuto e si vada avanti". Invece la guerra è qui, ma nel frattempo è diventata economica, e alla fine le guerre economiche vengono risolte con quelle convenzionali. L'Europa unita di oggi ci ha fatto diventare politicamente inerti e conformisti. Ci vogliono far credere che viviamo in pace, ma non è così se un paese fa parte di una guerra, anche se non condotta sul proprio territorio. L'UE ha speso nel 2011 321 miliardi di dollari, solo seconda dopo gli USA con 518 miliardi di dollari, la spesa dell'Italia è pari a 44 miliardi - quasi alla pari con la Cina con i suoi 45 miliardi e la Russia con 32 miliardi di dollari. Cifre che impressionano, veramente. Questa è l'Europa, quella con il Nobel per la pace. Il mondo sarebbe un posto migliore se quei soldi venivano spesi per la pace (quella vera), l'educazione e per combattere la fame e la mortalità infantile. Per esempio.



Su un numero vecchio del Mensile, periodico di Emergency, Cecilia Strada scriveva in prima pagina: “La pace necessariamente «ripudia» la guerra, ma non consiste esclusivamente in questo ripudio. Ha senso compiuto in sé stessa. È pace promuovere ed esigere giustizia e uguaglianza. È pace riconoscere a tutti gli esseri umani l’accesso ai beni che rendono possibile l’esistenza. Rispettare e non violentare l’ambiente nel quale tutti viviamo e altri vivranno dopo di noi. Accettare e apprezzare le diversità è pace. È pace superare il concetto di «straniero»”. Buona parte di quello che all’Europa odierna manca.


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