venerdì 27 maggio 2011

Cosa sta succedendo in Siria?




La difficoltà principale, per noi che assistiamo da lontano agli eventi, consiste nell'accertare la veridicità delle notizie. I reportage degli inviati italiani sono viziati dal fatto che nessuno di loro è presente nelle città teatro delle presunte carneficine, come Dera'a, Banyas o Douma. La maggior parte dei giornalisti, infatti, si trova nelle capitali dei Paesi limitrofi - Tel Aviv, Amman e Beirut - e riferisce informazioni raccolte da siti web e social network. Un governo autoritario in palese difficoltà che, dinanzi a una crisi politica irreversibile, anche perché generazionale, sceglie il pugno di ferro anziché il dialogo.
Ma é possibile arrivare allo stesso scenario libico e perchè ora i paesi occidentali stanno molto più attenti, nonostante l'aumento della violenza nel paese?
La Siria non è dello stesso calibro e  della stessa importanza come la Libia.Sono due regioni differenti, due casus diversi.
Anche la specifica nazionale della Siria è  diversa di quella libica. Sia come posizione geopolitica, sia come risorse naturali e influenze esterne. Molto importante è la differenza nel quadro interno.In Libia abbiamo una composizione tribale molto complessa. Siria invece è uno stato relativamente laico, però comunque composto da 19 confessioni religiose- Sunniti, Sciiti, Alawiti, Drusi, Cristiani Ortodossi, Cristiani di rito Orientale e Occidentale.
In Siria si trovano ben quattro etnie diverse: arabi, curdi, armeni e drusi.Il presidente Bashar Al-Asad è un alawita, come il suo padre Hafiz Al-Asad. Gli Alawiti rappresentano una minoranza di meno di 10% della popolazione siriana. Questa situazione predispone il coinvolgimento attivo di fattori esterni- i paesi sunniti.
Sopratutto Arabia Saudita.
Ma anche parte di Libano (la coalizione di Saad Hariri, l'ex premier e capo della coalizione politica Movimento Futuro).
La Turchia, non solo come paese confinante ma anche come paese che difende gli interessi sunniti, approfitta per assumere un ruolo sempre più da protagonista. L'aiuto non è solo di prestigio internazionale, la stabilità siriana garantisce anche l'equilibrio del problema curdo, che preoccupa da sempre Istanbul.
Dal'altra parte la Siria è molto vicina con Iran. Per Teheran il legame con la Siria costituisce un passaporto per la politica nel Medio oriente, che permette di influenzare Libano e territori Palestinesi. All’inizio delle rivolte arabe l’Iran aveva salutato favorevolmente il movimento di protesta, interpretando, in chiave di possibile proprio favore, la destabilizzazione dei regimi oggetto delle manifestazioniPer la Siria invece è stato diverso: Teheran ha da subito sposato la teoria di Asad, che vede dietro alle proteste 
siriane una cospirazione.


Ha legami stretti anche con Hezlbollah.


Però uno dei cori dei manifestanti delle piazze siriane era:
No Iran, No Hezbollah!


Sempre in Siria si trova la sede di Khaled Mashaal, uno dei leader di Hamas (ci 
si riferisce a lui come il braccio siriano di Hamas).
Per Israele il confine con la Siria è uno dei più sicuri e così deve restare,un cambiamento di regime potrebbe suscitare preoccupazioni, è difficile che un cambio di direzione sia favorevole ad Israele. 
Il quadro geostrategico è completamente diverso di quello libico.
Mu'ammar Gheddafi godeva del consensus fino al ultimo: durante gli anni 80 (la sua indole anti-israeliana e anti-americana lo portò a sostenere gruppi terroristi, quali per esempio l'irlandese IRA e il palestinese Settembre Nero, gli atti terroristici (Sicilia,Scozia,Francia),la violazione dei diritti umani, l'isolamento del regime fino a 2005.
Siria invece è stata sempre un paese chiave della regione,una posizione determinante nei fragili equilibri della zona.Senza pace in Siria è impossibile la pace nel Medio oriente.Ecco la risposta.Per questo motivo non ci saranno interventi militari in Siria.
Questi fattori influiscono in modo diverso lo sviluppo degli scenari in entrambi paesi.è ovvio che la comunità internazionale e sopratutto EU e USA cercheranno di evitare un intervento militare diretto per motivi della complessità del contesto nazionale e sopratutto regionale.
Il presidente siriano o deve fare le riforme che gli chiede il popolo o si deve dimettere. Altrimenti sarà compromessa non solo la Siria ma il delicato equilibrio della intera regione.






  

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